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«O filmiamo mentre ti scusi, oppure ti picchiamo!»

| Noëmi Pommes

Per mio figlio, la visita alla biblioteca locale si è conclusa in modo spiacevole: una volta uscito, è stato avvicinato da alcuni allievi più grandi, che lo hanno filmato e minacciato.

Un freddo mercoledì pomeriggio, pioggia battente: mio figlio dodicenne e il suo amico non sanno cosa fare e gironzolano per casa. Finché uno dei due ha l’idea di fare un salto alla biblioteca del quartiere. Perfetto, penso, perché due ragazzi annoiati in salotto, mentre io cerco di lavorare, mettono a dura prova la mia pazienza. Inoltre, mi sembrava una cosa così bella: due amici che corrono sotto la pioggia, respirano aria fresca e fanno movimento, si immergono insieme nella lettura di libri interessanti e alla fine tornano a casa con le guance rosse per una merenda fatta in casa.

Che ingenua! Perché alla fine della giornata, le guance di mio figlio non erano arrossate, ma piene di lacrime. E il suo amico non era con noi a tavola, ma a casa sua, sotto shock. E io non ero lì a imburrare panini e tagliare mele, ma a consolare, inveire e telefonare. Ma andiamo con ordine

Tre ragazzi più grandi molestano mio figlio

«Siamo andati alla biblio per giocare al computer», racconta mio figlio. Sono stati fortunati, c’erano due computer liberi. «Ma appena mi sono collegato al mio computer, sono arrivati tre ragazzi più grandi. Uno lo conoscevo di vista, un tempo frequentava la nostra scuola e ora è alle medie. I tre continuavano a spegnere lo schermo, così dovevo continuamente riaccenderlo». Anche dopo essere finalmente riuscito ad iniziare il videogioco, mentre era nel bel mezzo di una partita, i tre bulli di circa 15 anni sono tornati alla carica e gli hanno spento nuovamente lo schermo. «Non potendo vedere più nulla, ho perso una vita nel gioco. A quel punto mi sono arrabbiato e ho detto loro di andarsene!». I ragazzi sono diventati immediatamente aggressivi e tutti e tre si sono avvicinati a mio figlio. «Mi hanno detto di stare zitto e di non essere sfacciato e, con la forza, mi hanno spinto dalla sedia»

Aanche se il mio piccolo grande ragazzo sa di aver agito correttamente, la paura, l’umiliazione, l’indignazione e la rabbia sono grandi.

«Dì “Mi dispiace, papà”, altrimenti ti daremo una lezione!»

Insieme al suo amico, mio figlio si è quindi allontanato dall’angolo dei computer per andare al piano superiore della biblioteca a leggere fumetti e a discutere dell’accaduto. Ma quando, un’ora dopo, i due hanno voluto andarsene, non sono andati lontano: fuori, vicino ai tavoli da ping-pong, gli altri tre li aspettavano e li hanno messi alle strette. «Ci hanno circondato e spintonato e hanno preteso da me che mi scusassi per la mia sfacciataggine. Dovevo mostrare rispetto a quelli più grandi di me». Se non si fosse scusato, lo avrebbero picchiato.

Uno dei giovani ha tirato fuori il cellulare e ha iniziato a filmare. «Gli altri mi hanno afferrato da dietro, mi hanno girato verso il loro amico che stava filmando e mi hanno costretto a dire “Scusa, papà!”. Sapevo che il video sarebbe finito su Snapchat. Tuttavia, non avevo scelta». Ha cercato di non guardare direttamente nella telecamera, ha pronunciato quelle due parole e poi è scappato via con il suo amico, tra le risate dei giovani, tornando al sicuro nel nostro quartiere

Domani andremo alla polizia

Sono orgogliosa di mio figlio per aver reagito in modo così ragionevole e per non aver cercato di difendersi. Tuttavia, anche se il mio piccolo grande ragazzo sa di aver agito correttamente, la paura, l’umiliazione, l’indignazione e la rabbia sono grandi. Piange tra le mie braccia e cerco di consolarlo, ma in realtà non trovo le parole. Sebbene mio figlio, dal punto di vista fisico, non abbia riportato gravi danni, ciò che gli è accaduto, ovvero le minacce e l’umiliazione, oltre a essere stato filmato contro la sua volontà e ridicolizzato sui social media, è già di per sé abbastanza violento.

Più tardi telefono ai genitori del suo migliore amico e al padre di mio figlio. Insieme decidiamo di andare alla polizia il giorno successivo. «Dovrebbero presentarsi in uniforme a casa di questi ragazzi e impartire loro una lezione davanti ai genitori», afferma il mio ex. Scarica Snapchat e cerca invano di trovare il video di nostro figlio sulla piattaforma per farsi un’idea di quanto sia stato diffuso e per salvarlo come prova per la polizia. 

Sebbene mio figlio, dal punto di vista fisico, non abbia riportato gravi danni, ciò che gli è accaduto, ovvero le minacce e l’umiliazione, oltre a essere stato filmato contro la sua volontà e ridicolizzato sui social media, è già di per sé abbastanza violento.

Troppo tardi per sporgere denuncia

Nel frattempo sono trascorsi cinque mesi e mi sento molto in colpa, perché alla fine dalla polizia non ci siamo andati. C’era sempre qualcosa che si intrometteva : un infortunio con lo snowboard, l’influenza, scadenze di lavoro, vacanze scolastiche, compleanni dei bambini, pigrizia. In breve tempo, questo episodio di violenza non è più stato un argomento di discussione nella nostra famiglia e la questione della polizia è scivolata sempre più in fondo alla lista delle cose da fare, fino a scomparire del tutto. Solamente ora, mentre scrivo dell’aggressione e ne parlo nuovamente con mio figlio, mi rendo conto di quanto sia stato violento e di quanto lui debba essersi sentito esposto e minacciato. Anche se poco tempo dopo non menzionava già più l’aggressione, ho sbagliato a non reagire con maggiore fermezza. Troppo tardi mi scuso con lui e chiamo il Servizio per la gioventù della polizia della Città di Zurigo. «Purtroppo il termine per sporgere denuncia è scaduto», mi spiega la poliziotta al telefono. Trattandosi di un reato perseguibile a querela, la denuncia deve essere presentata entro tre mesi dalla conoscenza del fatto. Ciononostante, la poliziotta si prese il tempo necessario per spiegarmi come comportarmi se una situazione del genere dovesse ripetersi.

Gentili lettori e lettrici, spero che voi o i vostri figli non dobbiate mai vivere un’esperienza simile. Se dovesse accadere, spero possiate gestire la situazione meglio di quanto ho fatto io. Qui di seguito trovate i consigli che mi ha dato la gentile agente di polizia:

  • Se vostro figlio è vittima di un episodio del genere, prendetelo sul serio e sottolineate quanto sia importante e positivo che si sia confidato con voi;
  • Se possibile, conservate le prove (link, schermate o screenshot, nome del profilo con il video o la foto pubblicati, data e ora);
  • Dopo aver conservato le prove, il video o la foto in questione dovrebbero essere segnalati a Snapchat/Meta o a un’altra piattaforma di social media (da voi stessi o tramite la polizia);
  • L’accaduto è rilevante dal punto di vista penale. È possibile sporgere denuncia al posto di polizia anche se vostro figlio non conosce gli autori del reato (denuncia contro ignoti);
  • Il termine per sporgere denuncia varia a seconda che si tratti di un reato perseguibile d’ufficio (nessun termine) o di un reato perseguibile a querela (in tal caso il termine è di tre mesi dalla conoscenza del fatto);
  • Tenete presente che il vostro nome e quello di vostro figlio figurerà sulla denuncia;
  • Prima di sporgere denuncia, potete chiedere una consulenza presso → la polizia, il servizio per → l’aiuto alle vittime o un altro servizio specializzato.

 

Noëmi Pommes è giornalista e madre di due figli. Sia professionalmente che in ambito privato si impegna a favore dell'inclusione e della diversità. Non sopporta le disparità di trattamento e l'ottusità e compensa mangiando patatine fritte, cantando e campeggiando con il pulmino Volkswagen. Per proteggere i suoi figli, scrive sotto pseudonimo.