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Chatbot basati sull’IA per le associazioni socioculturali: ancora molte domande senza risposta

| Bettina Bichsel

L’idea sembra logica e sensata: i chatbot basati sull’intelligenza artificiale (IA) potrebbero sostenere il lavoro svolto nel settore delle attività giovanili al di fuori degli orari di apertura, in modo che i giovani possano ottenere una risposta immediata alle loro domande in qualsiasi momento. Ma che ne è dell’attuabilità a livello pratico? Proprio questo è stato studiato a Basilea.

Lo smartphone ci permette di essere sempre e ovunque online: prima di andare a scuola, dopo l’allenamento, alla festa nel fine settimana. E ognuno di noi si è già trovato in questa situazione: ci viene in mente una domanda e prendiamo il cellulare per cercare la risposta. Insomma, Internet non conosce orari di ufficio. Le istituzioni che si occupano delle attività giovanili, invece, sì. Ne consegue che i giovani non possono ottenere una risposta immediata alle loro domande, ma devono attendere che qualcuno sia di nuovo seduto al computer.

Al riguardo, viene spontaneo pensare che questa lacuna potrebbe essere colmata dall’IA. L’idea è che, al di fuori degli orari di apertura, un chatbot basato sull’IA funga da primo punto di contatto per i giovani, fornendo risposte a domande semplici o indirizzandoli a persone di contatto per colloqui di consulenza.

In un progetto congiunto di Jugendarbeit Basel (JuAr Basel) – la principale organizzazione per le attività aperte a tutti i bambini nella regione di Basilea – e della Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale (FHNW) è stato esaminato proprio questo scenario per capire quali siano i requisiti tecnici, professionali ed etici necessari per implementare una soluzione di questo tipo nel settore delle attività giovanili e quali aspetti debbano essere presi in considerazione.

La protezione della personalità e dei dati sensibili è per me una priorità assoluta.

Olivier Steiner, Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale (FHNW)

Non si tratta di sostituire la consulenza

Senza voler anticipare troppo le conclusioni, possiamo dire che non è così semplice. O, come spiega Olivier Steiner, responsabile dello studio e docente all’Istituto per l’aiuto all’infanzia e alla gioventù della Scuola superiore di lavoro sociale della FHNW: «Lo studio di fattibilità doveva rispondere a molte domande e lo ha fatto, sollevando però anche molte nuove interrogazioni».

Ma partiamo dall’inizio. Nelle riflessioni circa l’impiego di chatbot basati sull’IA nel settore delle attività giovanili occorre innanzitutto chiarire cosa deve o può fare l’IA nel contatto con i giovani. Nel contesto dello studio era chiaro che l’IA non doveva sostituirsi alla consulenza. Se venivano trattati temi personali, il chatbot doveva indicare un assistente sociale specifico per la scuola in questione.

Era previsto che il chatbot, raggiungibile ad esempio tramite i social media, rispondesse autonomamente a domande relative a eventi, orari di apertura o simili.

Efficienza o protezione dei dati?

Si pone quindi subito un’altra importante questione di principio: quali sistemi tecnici utilizzare? Ecco che la questione si fa spinosa. Sin dall’inizio era chiaro che, vista la giovane età degli utenti, la protezione dei dati doveva essere garantita nella misura massima possibile, come sottolinea Olivier Steiner: «La protezione della personalità e dei dati sensibili è per me una priorità assoluta. Ciò significa che abbiamo bisogno di soluzioni specifiche per il lavoro sociale». In altre parole, dovremmo sviluppare soluzioni proprie in linea con i modelli open source su server locali, cioè in Svizzera, invece di affidarci a modelli commerciali come GPT-4.

Il problema è che i modelli open source, almeno per ora, sono decisamente meno efficienti, con il risultato che i chatbot basati sull’IA sono maggiormente soggetti a errori. Una situazione che in termini quantitativi ha sorpreso Olivier Steiner e il suo gruppo durante la fase di test: «Non ci aspettavamo che il sistema fornisse risposte errate e fosse così inaffidabile. Siamo riusciti a correggere alcuni errori, ma altri no».

Il seguente esempio illustra uno dei problemi:

un giovane che ha partecipato nell’ambito di un test ha posto la seguente domanda: «Puoi indicarmi qualche ristorante che si trova vicino alla Barfüsserplatz?»

Il chatbot avrebbe dovuto rispondere che era competente esclusivamente per domande relative alla consulenza per i giovani e agli eventi. Ma ovviamente ha voluto essere d’aiuto e indicato alcuni ristoranti, che però non esistono affatto a Basilea, né alla Barfüsserplatz né altrove. In altre parole, ha dato una risposta assurda:

La risposta è stata: Grazie mille. Ecco alcuni ristoranti nelle vicinanze della Barfüsserplatz:
Morfroisterei Glarus, indirizzo: Renzi-Pfister-Platz 4, 4001 Basilea, tel.: +41 79 589 34 79.
Crepuscule, indirizzo: Barfüsserplatz 14, 4001 Basilea, tel.: +41 79 549 28 86.

La Cantine, indirizzo: Sibylla-Helfrich-Strasse 21, 4001 Basilea, tel.: +41 79 458 24 57

Altre difficoltà: la lingua e i costi

A ciò si aggiungono, sempre in un’ottica di implementazione pratica, le sfide linguistiche, affinché il chatbot comprenda anche il linguaggio giovanile e lo svizzero tedesco. Infatti, proprio nel lavoro con i giovani è importante che l’interazione sia il più possibile vicina alla vita quotidiana.

Al momento, tuttavia, non esiste un set di dati open source per lo svizzero tedesco; il modello dovrebbe quindi essere alimentato manualmente, il che non solo richiederebbe molto tempo, ma comporterebbe anche costi elevati.

I costi sono un tema importante, anche riguardo al numero di giovani che possono utilizzare contemporaneamente il chatbot. Nella versione testuale, il sistema si bloccava non appena cinque utenti ponevano domande in parallelo. Un aumento delle capacità avrebbe ovviamente un impatto sui costi. Lo studio stima un costo compreso tra 2500 franchi per quattro utenti simultanei e 25 000 franchi per 40 accessi in parallelo.

Forse non è il percorso più semplice.

Olivier Steiner, FHNW

Come si potrebbe proseguire?

Nonostante tutto, il gruppo di ricerca è giunto alla conclusione che vale la pena proseguire in questa direzione. «Forse non è il percorso più semplice» ammette Olivier Steiner. «Ma in realtà qualsiasi tipo di lavoro sociale dovrebbe seguire questa strada e confrontarsi con le questioni sollevate».

Certamente occorreranno ulteriori chiarimenti e test prima che un modello pilota o un prototipo possano essere effettivamente utilizzati. Il gruppo di progetto stima che ciò sarebbe realizzabile entro 2–3 anni con un budget compreso tra 150 000 e 200 000 franchi. Lo sviluppo iniziale è quindi oneroso, ma in seguito l’implementazione sarebbe più semplice. Senza dimenticare che nel campo dell’IA i progressi sono tali che anche i modelli open source continuano a migliorare.

Per Olivier Steiner, gli ulteriori sviluppi dipendono in gran parte dalla capacità innovativa del nostro Paese: «Per mettere a punto uno strumento del genere, che garantisca autonomia in termini di tecnologia, dati e calcolo, occorre una visione lungimirante».

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Lo studio di fattibilità sull’impiego di chatbot basati sull’AI nel settore delle attività aperte a tutti i bambini e i giovani è stato realizzato da settembre 2024 a maggio 2025. Il rapporto finale (in tedesco) è disponibile → qui.

 

Bettina Bichsel è giornalista e redattrice. Tra le sue varie attività, scrive anche per il blog di Giovani e media.