Ricerca

A sinistra un poster sui giovani e l'alfabetizzazione mediatica, al centro un giovane con una macchina fotografica, a destra un istruttore con un bambino.

3° forum nazionale per la protezione della gioventù dai rischi dei media 2015

Promozione delle competenze mediali e regolamentazione – esperienze e sfide

Negli ultimi anni, l'inarrestabile diffusione degli smartphone ha cambiato radicalmente l'utilizzo dei media. Siamo sempre e ovunque raggiungibili telefonicamente, e abbiamo accesso in qualsiasi momento a internet, ai media sociali e ad altri servizi di comunicazione. Perennemente online, insomma, e ciò non vale solo per gli adulti, ma anche per i bambini e gli adolescenti, che sempre più precocemente possiedono uno smartphone.

Il 3° forum nazionale per la protezione dell'infanzia e della gioventù dai rischi dei media ha approfondito questi cambiamenti e presenta le sfide da affrontare: che cosa sappiamo del comportamento di bambini e giovani al cospetto di questi media? Quali sono le opportunità e quali i rischi? Come promuovere le competenze mediali in famiglia, a scuola, nel tempo libero e nelle strutture di custodia? Come riconoscere per tempo i comportamenti a rischio? Quali sono le possibilità e i limiti della regolamentazione?

A conclusione del programma nazionale quinquennale Giovani e media, il forum ha offerto l'opportunità di affrontare questi temi, di discutere le esperienze acquisite, di individuare le sfide future e di affinare la collaborazione e la ripartizione dei compiti tra i diversi attori. La Confederazione continuerà ad assumere un ruolo attivo nella protezione dell'infanzia e della gioventù dai rischi dei media, a sostenere Cantoni e organizzazioni private nell'assunzione dei loro compiti al riguardo e a fungere da coordinatrice nell'ambito del disciplinamento.

→ Programma

Laboratori

Grazie a questo laboratorio, è stato possibile affrontare per la prima volta a livello nazionale il tema della formazione ai media in età prescolastica (abstract dello laboratorio in francese). La professoressa Friederike Tilemann, responsabile del settore Educazione ai media dell’Alta scuola pedagogica di Zurigo, nella sua relazione ha illustrato i vantaggi di uno sviluppo precoce delle competenze mediali. In questo modo, i bambini possono già intuire fino a un certo punto l’artificialità dei media, metabolizzare le esperienze con questi ultimi, percepire se stessi e gli altri mediante foto e video realizzati in prima persona, sperimentare processi sociali di apprendimento e scoprire i media come strumento per esprimere la propria personalità. Nel suo intervento Thomas Jaun, presidente della Rete svizzera per la custodia dei bambini e direttore della Scuola specializzata superiore in educazione dell’infanzia (Höhere Fachschule für Kindererziehung), ha invece rilevato come le strutture di custodia per bambini abbiano difficoltà a misurarsi con i media digitali e tendano spesso ad escluderli consapevolmente dalla loro attività didattica. Inoltre si è soffermato sul modo in cui gli educatori e i bambini utilizzano oggi i media e su come ne usufruiranno in futuro, mostrando quali competenze assumono un’importanza crescente per entrambe le categorie. Per Thomas Jaun, l’esclusione dei media digitali sotto il profilo pedagogico non ha senso considerata la loro importanza. Corinne Rochat, responsabile del Centre de ressources en éducation de l’enfance, ha infine presentato un piano di prevenzione: dal 2010 al 2011, circa 1000 bambini di 12 asili nido hanno partecipato a un programma volto a promuovere gli scambi sul tema della televisione e dei videogiochi.

 

Veronika Lévesque ha moderato il dibattito seguito ai diversi interventi. Nel complesso si è costatato che l’educazione ai media per la prima infanzia non è ancora parte integrante dei programmi pedagogici di respiro generale. Mancano le strutture e la collaborazione e gli scambi tra i diversi livelli formativi risultano carenti. Anche per Thomas Jaun, il settore della custodia di bambini complementare alla famiglia accusa un ritardo su questo fronte, dato che non esistono ancora progetti convincenti e gli educatori spesso non dispongono delle competenze necessarie per un uso adeguato dei media. A tale riguardo, Bo Reichlin ha inoltre fatto notare che, sulla base di laboratori organizzati regolarmente e di un sondaggio tra gli asili nido, mediolino.ch ha riscontrato grosse differenze nelle competenze mediali dei bambini che frequentano le strutture di custodia. Vi sono infatti anche bambini che a casa sono esposti solo in misura limitata ai media digitali: per questi ultimi, gli asili nido possono esercitare una funzione compensativa. L’attuazione pratica di questo proposito è stata al centro dell’intervento di Daniela Straumann, che organizza nel suo asilo nido settimane tematiche durante le quali ogni giorno vengono approfondite singole competenze mediali (ad es. la fotografia). I risultati vengono poi discussi in occasione di serate con i genitori.

 

Riassumendo, si è giunti alla conclusione che l’educazione ai media digitali deve assumere una maggiore importanza e che, a tale scopo, è necessario adottare un nuovo approccio. Questo tema dovrà trovare maggiore spazio non solo nei programmi pedagogici degli asili nido, ma anche nei gruppi di gioco, nei centri per famiglie o nella formazione dei genitori. Le competenze mediali vanno promosse in maniera mirata, in modo da attenuare timori e paure e stimolare la discussione. Malgrado la diffusione dei media digitali sia inarrestabile, le pratiche pedagogiche in materia stentano a rimanere al passo. Tale circostanza può anche essere vista come un’opportunità per iniziative di sensibilizzazione che coinvolgano allo stesso tempo genitori, educatori e bambini.

 

 

Relatori e presentazioni da scaricare:

 

 

Partecipanti alla tavola rotonda:

  • Bo Reichlin, promotrice di Mediolino.ch
  • Daniela Straumann, capogruppo presso l’asilo nido Purzelhuus, Lenzburg

Moderazione:

Veronika Lévesque, Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, Cantone di Basilea Città

Nel suo intervento Renato Hüppi, responsabile del centro di animazione giovanile (OJA) di Oerlikon e promotore della piattaforma informativa sui videogiochi gameinfo.info, ha parlato dell’impiego dei videogiochi per promuovere le competenze mediali degli adolescenti (abstract in francese, pagine 2, PDF). Dallo studio JAMES emerge che il 60 per cento dei ragazzi e il 17 per cento delle ragazze giocano quotidianamente ai videogiochi, sempre di più su dispositivi mobili: per i giovani, il cellulare è infatti il mezzo preferito. Secondo Hüppi, il gioco in comune offre forti stimoli alla socializzazione (ad es. organizzare tornei di Fifa o Minecraft, allestire una sala videogiochi nei centri giovanili, cucinare o fare la spesa insieme prima delle partite). Per gli educatori si tratta di una sfida, in particolare per quanto riguarda l’infrastruttura e le conoscenze tecniche nonché il coinvolgimento del gruppo target delle ragazze. In linea di principio, il gioco in comune è valutato molto positivamente: occorre tuttavia una particolare attenzione da parte degli adulti in modo da individuare tempestivamente i problemi.

 

Christian Ritter, collaboratore scientifico presso l’Istituto di antropologia sociale e scienze culturali empiriche dell’Università di Zurigo, si è invece concentrato sulla crescente popolarità tra gli adolescenti dei filmati girati con i cellulari (abstract in francese, pagine 1, PDF). Tali video sono «molto più che solo sesso e violenza» (questo il titolo della sua relazione): si tratta infatti di una forma di espressione sempre fruibile e di un’opportunità per condividere esperienze. Benché siano spesso associati alla violenza, essi dovrebbero essere considerati una risorsa, come attesta il progetto di ricerca del Fondo nazionale «Handyfilme – Künstlerische und ethnographische Zugänge zu Repräsentationen jugendlicher Alltagswelten».

 

Nel successivo dibattito si è costatato che gli adolescenti non parlano volentieri delle loro esperienze con i filmati girati con i cellulari e rifiutano di farsi influenzare dagli adulti durante la realizzazione di progetti in quest’ambito. Inoltre è emerso che il montaggio non è preso in considerazione: i video rimangono in prevalenza sul cellulare senza alcun ritocco e solo raramente vengono riguardati. Ritter ha anche fatto riferimento alla mostra interattiva itinerante «Handyfilme – Jugendkultur in Bild und Ton» (handyfilme.net), che dall’ottobre 2015 presenta video girati dagli adolescenti con i cellulari.

 

Relazioni da scaricare:

 

Esempi:

  • workshop audiovisivo: il servizio specializzato «Jugendinfo» di Winterthur presenta il film Me, my fake and I
  • presentazione di videogiochi: Jay-Leo Nagel e Fabio Beti, giovani coach, GameInfo

 

Moderazione:

Milena Giordano, direttrice del Festival Schweizer Jugendfilmtage, okaj Zurigo

Nel suo intervento, il prof. dott. Beat Döbeli Honegger ha illustrato come la materia «media e informatica» è stata integrata nel piano d’insegnamento Lehrplan 21, approvato alla fine di ottobre 2014 dalla Conferenza dei direttori cantonali della pubblica educazione della Svizzera tedesca (D-EDK) (abstract in francese, PDF). Il piano di studio di questa materia, concepito come modulo, è suddiviso nei tre ambiti media, informatica e competenze d’utilizzo. Döbeli Honegger dubita che le attuali modalità di attuazione del piano d’insegnamento nei 21 Cantoni almeno in parte germanofoni favoriscano realmente lo sviluppo delle competenze mediali. L’organizzazione federalista del sistema di formazione in Svizzera, la carenza di risorse e le asincronie nell’introduzione del Lehrplan 21 rendono infatti più difficile il raggiungimento degli obiettivi stabiliti.

 

Nicolas Martignoni, responsabile del Centre fri-tic del Cantone di Friburgo e presidente della Commissione per l’educazione ai media e alle tecnologie nell’insegnamento COMETE della Conferenza intercantonale dell’istruzione pubblica della Svizzera romanda e del Ticino (CIIP), nella sua relazione ha illustrato lo stato attuale dell’implementazione del piano di studi romando (PER), in vigore dal 2010, e i relativi problemi (abstract in francese, PDF). A differenza del Lehrplan 21, nel PER l’informatica non costituisce una materia autonoma, per cui le competenze mediali devono essere apprese nell’ambito di altri insegnamenti. Inoltre nei vari Cantoni valgono griglie orarie e requisiti diversi. In merito all’introduzione del Lehrplan 21, Martignoni ha fatto notare che gli allievi necessitano di tempo e mezzi adeguati per l’acquisizione delle competenze mediali. Occorre riflettere sulle strategie educative in quest’ambito, sulle modalità per misurarne l’efficacia e sulla loro attuazione nei Cantoni bilingui.

 

Dal dibattito sull’integrazione della materia «media e informatica» nel Lehrplan 21 è emerso che il corpo insegnante è generalmente sensibile a questo tema e che i docenti più giovani dispongono anche di un’apposita formazione. Nel complesso si denota una forte domanda per quanto riguarda l’educazione ai media, ma in parte anche l’assenza di piani di implementazione in quest’ambito. Il coordinamento tra i Cantoni è considerato difficoltoso vista l’introduzione differita del piano d’insegnamento. Sono quindi le scuole che devono assumere l’iniziativa e segnalare l’eventuale bisogno di formazione continua dei loro insegnanti. A causa della carenza di mezzi, è auspicabile un rafforzamento della collaborazione tra i Cantoni, ad esempio per lo scambio o l’elaborazione congiunta di materiali didattici; voci dal pubblico hanno proposto l’organizzazione di un convegno trilingue consacrato a questo tema. Come è possibile attestare le competenze degli allievi nel settore «media e informatica»? Nella Svizzera francese esiste un «carnet de compétence» informale e non vincolante, e fra due anni la materia dovrebbe figurare come voce a sé stante nelle pagelle scolastiche a partire dalla quinta elementare. Si è inoltre discusso su come effettuare le relative valutazioni nelle scuole speciali. Progetti extrascolastici nel campo dell’informatica sono considerati un utile complemento all’istruzione di base. In conclusione, la moderatrice Ines Mateos ha rilevato che al vecchio conflitto generazionale riguardo ai media e all’informatica, ormai superato, è subentrato un cambiamento di paradigma: ora che i docenti dispongono delle necessarie competenze, occorrono materiali didattici e metodi di insegnamento innovativi.

 

Relatori e presentazioni da scaricare:

 

Partecipanti al dibattito:

  • Ines Mateos, moderazioneNicolas Martignoni, responsabile del Centre fri-tic del Cantone di Friburgo / presidente della Commissione per l’educazione ai media e alle tecnologie nell’insegnamento COMETE
  • Beat Döbeli Honegger, docente all’Istituto per i media e la scuola dell’Alta scuola pedagogica del Cantone di Svitto / membro del gruppo di lavoro TIC e media del Lehrplan 21
  • Beatrice Straub-Haaf, capo del servizio informatico dell’Ufficio della scuola dell’obbligo del Cantone di San Gallo / membro del gruppo di lavoro TIC e media del Lehrplan 21
  • Peter Baumann, direttore scolastico a Hergiswil / membro della direzione dell’Associazione dei direttori scolastici svizzeri VSLCH / membro del gruppo di lavoro TIC e media del Lehrplan 21

 

Moderazione: Ines Mateos

Il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport del Cantone di Ginevra ha messo a punto un piano di prevenzione e misure per la lotta al (cyber)bullismo con il sostegno dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (UFAS) e in collaborazione con l’associazione ginevrina «Action Innocence» (abstract in francese, p.1, PDF). Il piano, presentato dal capo del Servizio cantonale di mediazione scolastica «Le point», Laetitia Magnin, prevede misure quali un programma di formazione sul tema della prevenzione e dell’individuazione tempestiva del bullismo, la definizione dei ruoli e delle responsabilità presso le scuole, un protocollo standard per la procedura da seguire in caso di bullismo, un piano di misure per ogni scuola, informazioni per gli insegnanti, gli studenti e le loro famiglie nonché informazioni specifiche sul cyberbullismo e sulla violenza nello spazio virtuale. Lo scopo in generale è quello di rafforzare la collaborazione tra i vari servizi coinvolti.

Questa collaborazione è stata illustrata da Nadja Ruffiner, esponente della Divisione della scuola del Cantone di Neuchâtel, mediante l’esempio di un gruppo di lavoro incaricato di sviluppare congiuntamente misure atte ad affrontare problemi specifici del trattamento dei casi di cyberbullismo nel Cantone (abstract in francese, p.1/2, PDF). Il gruppo, composto da dirigenti scolastici, rappresentanti dell’insegnamento obbligatorio e non obbligatorio, il servizio per l’informatica a scuola, il CAPPES (centro di accompagnamento e di prevenzione per il personale specializzato degli istituti scolastici), la polizia cantonale e «Action Innocence», si è posto l’obiettivo di consolidare le procedure in casi concreti e ottimizzare la collaborazione tra i singoli servizi.

Esther Luder-Müller, responsabile del Gruppo d’intervento in caso di crisi del Servizio psicologico del Cantone di San Gallo, ha mostrato, portando l’esempio della gestione delle crisi nel suo Cantone, che distinguere tra bullismo e cyberbullismo non è opportuno: il bullismo e i nuovi media sono ormai inscindibili. La buona collaborazione tra il Servizio per la gioventù del Cantone di San Gallo, il Servizio di aiuto alle vittime del Centro di protezione dell’infanzia e, in singoli casi, la Procura dei minorenni permette di trattare i casi in modo rapido e coerente. In tutti i casi di bullismo è necessario predisporre un servizio di coaching delle vittime e degli autori. Le misure sono completate da suggerimenti per la classe coinvolta e una lettera rivolta ai genitori.

Dalla tavola rotonda, cui hanno partecipato i relatori, nonché una rappresentante della polizia cantonale di Basilea Città e la direttrice di «Action Innocence», è emerso che il tema del cyberbullismo è di grande attualità in tutta la Svizzera e la collaborazione tra le autorità, le scuole, le associazioni e i genitori funziona, in generale, bene. Tra polizia e scuola vi è un rapporto improntato al partenariato. I forum per i genitori organizzati a cadenze regolari in presenza della polizia permettono di promuovere la discussione; la partecipazione potrebbe, però, essere maggiore. Per poter adempiere i propri compiti educativi gli adulti dovrebbero essere al corrente su come i giovani utilizzano i nuovi media; pertanto, il lavoro di informazione svolgerà un ruolo centrale anche in futuro. Il cyberbullismo dovrebbe far parte dei temi di almeno una serata per i genitori, a prescindere dal verificarsi di un episodio concreto. La polizia auspica, infine, che il bullismo venga fatto più spesso oggetto di discussione e le autorità vengano coinvolte più precocemente.

 

Relatori e presentazioni da scaricare:

 

Partecipanti alla tavola rotonda:

  • Laetitia Magnin, capo del Servizio di mediazione scolastica «Le point», Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport del Cantone di Ginevra (DIP)
  • N. Ruffiner, Centre d’accompagnement et de prévention pour les professionnels des établissements scholaires CAPPES, Cantone di Neuchâtel
  • Esther Luder-Müller, psicologa dipl. SUP/responsabile del Gruppo d’intervento in caso di crisi del Servizio psicologico scolastico del Cantone di San Gallo
  • Tiziana Bellucci, direttrice Action Innocence
  • Shirin Scheidegger, agente di polizia della Polizia per i giovani e la prevenzione del Cantone di Basilea Città

 

Moderazione:

Martin Böss, Direttore della Prevenzione Svizzera della Criminalità PSC

Florian Saurwein, ricercatore della Divisione evoluzione dei media e innovazione dell’Istituto di scienze pubblicistiche e ricerca sui media (IPMZ) dell’Università di Zurigo, nella sua relazione (abstract in francese, p.2, PDF) ha presentato le iniziative di autoregolamentazione in Internet promosse dalle associazioni di categoria simsa (Swiss internet industry association) e asut (Associazione svizzera delle telecomunicazioni). Tirando le somme, Saurwein ritiene che la globalità della rete e la moltitudine degli attori coinvolti costituiscano forti ostacoli in tal senso. Egli suggerisce tra l’altro di valutare possibilità di autoregolamentazione in ulteriori ambiti e di tenere conto degli sviluppi internazionali.

Sabine Frank, responsabile del settore Regolamentazione, tutela dei minori e competenze mediali di Google Germany, ha invece illustrato le attività dell’associazione tedesca Autocontrollo volontario dei fornitori di servizi multimediali (Freiwillige Selbstkontrolle Multimedia-Diensteanbieter, FSM) (abstract in tedesco, p.1, PDF), formata da 47 imprese del settore che elaborano norme di comportamento comuni per Internet. La relatrice ha tenuto a precisare che la rete non costituisce una terra di nessuno. In Germania, la regolamentazione in quest’ambito compete ai Länder in virtù di un accordo nazionale sulla protezione dei minori nei media elettronici. Vige il principio dell’«autoregolamentazione regolata»: le autorità intervengono quando l’autoregolamentazione del settore non funziona. Citando l’esempio di Google, Sabine Frank ha mostrato come a livello internazionale le imprese, in collaborazione con le istituzioni preposte alla tutela dei minori, rimuovono i contenuti illegali dalla rete. Grazie alle cosiddette procedure di «notice and take down», su tutte le piattaforme di Google gli utenti hanno la possibilità di segnalare contenuti inappropriati, che, se del caso, vengono trasferiti nel settore riservato agli utenti maggiorenni.

I partecipanti al dibattito sono concordi sull’utilità e l’efficacia delle misure di autoregolamentazione in ambito mediale. Grazie all’autoregolamentazione, gli attori del settore possono reagire più rapidamente alle nuove tendenze nei comportamenti degli adolescenti, in continua evoluzione. Per questo motivo, l’asut prevede di rivedere prossimamente la propria iniziativa settoriale in materia. Vi è anche un consenso unanime sulla necessità di ampliare notevolmente la consulenza sui metodi per la tutela dei minori, quali i filtri per la navigazione in Internet, al fine di coinvolgere i genitori. A questo proposito vi è da chiedersi se i punti vendita siano il luogo più idoneo per informare i genitori su questo tipo di strumenti. In linea di massima, le misure di regolamentazione vanno nella giusta direzione, ma è necessario chiarire la ripartizione delle competenze tra lo Stato e il settore dei media. Inoltre occorre ampliare e divulgare maggiormente i metodi e le misure preventive per la protezione dei giovani, affinché tali strumenti (p. es. i filtri famiglia) vengano effettivamente utilizzati dai consumatori finali (genitori, bambini e adolescenti).

 

Relatori e presentazioni da scaricare:

 

Partecipanti al dibattito:

  • Michael In Albon, addetto alla protezione dei giovani dai rischi dei media di Swisscom / capo della task force tutela dei minori dell’asut
  • Jens Kaessner, divisione Servizi di telecomunicazione e posta, UFCOM
  • Peter Grütter, presidente dell’Associazione svizzera delle telecomunicazioni (asut)

 

Moderazione: Thomas Vollmer, Ufficio federale delle assicurazioni sociali

Nella sua presentazione il professor Pastötter, presidente della Deutsche Gesellschaft für Sozialwissenschaftliche Sexualforschung, fa il punto sullo stato della ricerca sul sexting e sul consumo di materiale pornografico. Finora in Europa mancano studi sul fenomeno del sexting. Dalle ricerche condotte, invece, in America si evince che oggigiorno il 50 per cento degli adolescenti ha esperienza nell’inviare immagini di nudo o messaggi erotici e il 16 per cento dei giovani maschi manda tali messaggi persino a persone sconosciute – utilizzandoli, sembra, anche come mezzo per promuoversi. Per contro sul consumo di materiale pornografico esistono centinaia di studi, ma date le diverse definizioni di pornografia e consumo, essi non sono confrontabili (abstract in francese, PDF). Il 50 per cento circa dei ragazzi e il 10 per cento circa delle ragazze inizia a guardare materiale pornografico in adolescenza, le ragazze di regola su richiesta del loro partner. Stando alle dichiarazioni fornite da giovani e adulti, essi consumano materiale pornografico per motivi di educazione sessuale e il consumo regolare inteso come atto di guardare durante la masturbazione sembra essere poco frequente tra gli adolescenti. Molti bambini e giovani non sono interessati all’aspetto genitale, ma nutrono il desiderio di avere un partner che li comprenda e accetti e che essi stessi possano comprendere.

Siccome gli studi si basano su autodichiarazioni che non permettono di accedere ai motivi reconditi, è difficile stabilire se il consumo di materiale pornografico sia in grado di modificare i valori fondamentali del comportamento sessuale. La sessualità è un processo complesso che implica l’interazione di aspetti ormonali, emotivi e cognitivi; creare un nesso causale fra di loro costituisce una vera sfida per la scienza. Dal punto di vista dell’antropologia culturale, il professor Pastötter intende la pornografia come un racconto, un mezzo narrativo, ed è convinto che le immagini abbiano un effetto. Si può per esempio costatare che in seguito al consumo di materiale pornografico la libido cala rapidamente, vale a dire che si assiste a una vera e propria desensibilizzazione. Alcuni giovani maschi affermano per esempio che la loro capacità di reagire a una partner reale ne risente, perché le loro fantasie coinvolgono solo la mente e non il corpo. Secondo varie osservazioni vi sono anche ripercussioni sui bambini nel contesto sociale, quali l’uso di un linguaggio sessualizzato e osceno. Visto che su Internet la protezione della gioventù al riguardo non è garantita (si contano oltre 6 milioni di videoclip e film porno liberamente disponibili) il professore considera la pedagogia mediale molto importante; rileva, tuttavia, che essa serve solo alla comprensione a livello cognitivo. L’unica misura che, a suo parere, funzioni bene è fare appello agli adulti affinché diano il buon esempio, perché i bambini se ne accorgono quando i genitori consumano materiale pornografico. Il professore chiede inoltre che ogni film porno includa l’avvertenza: «Il consumo del presente film compromette la vostra normale capacità di reazione sessuale al vostro partner».

 

I dati presentati da Pastötter sono confermati dalle esperienze maturate da Pascale Coquoz in qualità di docente di educazione sessuale in Romandia. Negli ultimi dieci anni essa ha rilevato un aumento dell’eccitazione sessuale e del linguaggio sessualizzato a scuola, adducendo quale spiegazione la forte presenza del visivo nella nostra società ipersessualizzata. Contestualmente ha osservato un aumento del sentimento di ribrezzo verso tutto ciò che richiama la propria sessualità. I giovani, inoltre, non distinguono più fra sessualità adulta e pornografia. I bambini poco informati si fanno impressionare più facilmente da un film porno rispetto ai bambini con cui i genitori hanno instaurato un dialogo. La percezione viene anche influenzata dalla cultura di provenienza.

Gli esperti sono concordi nel ritenere che bisogna evitare di drammatizzare ed anche di condannare. Secondo loro, vi è un lato positivo, cioè quello che i giovani dispongono di una maggiore scioltezza di linguaggio e di più competenze, mentre rimangono invariate le domande principali: come si rimane incinte? Coma cambia il mio corpo in pubertà ecc. Il tema che interessa i giovani non è la pornografia. Ciononostante la pedagogia sessuale continua ad occuparsene, a partire dall’effetto che il guardare tali immagini ha a livello emotivo. Gli esperti concordano inoltre sul fatto che la sessualizzazione della società e il contatto precoce con la pornografia non provocano un’anticipazione dei primi rapporti sessuali.  Anzi, il professor Pastötter precisa al riguardo che oggi si assiste piuttosto a un rinvio, come è dimostrato da alcuni studi condotti negli USA, e ravvisa, invece, un problema nel fatto, emerso da studi sull’effetto dei media, che i bambini e i giovani, fino all'età di 13-14 anni, non sono capaci di distinguere tra finzione e realtà. In che modo si può dunque evitare che tali immagini abbiano un effetto indesiderato sulla sfera emotiva? Occorre spiegare a un bambino che la pornografia non è la rappresentazione di un tipo di sessualità tra partner, bensì un racconto. La tesi di Pastötter è la seguente: maggiore è la sicurezza con cui cresce e il numero di rapporti funzionanti che lo circondano, maggiore è la probabilità che il bambino sia in grado di elaborare ciò che vede. Le reazioni emotive possono essere smorzate non da parole come «questo non è reale», bensì solamente da forti esperienze fisiche di sicurezza, stabilità emotiva e amore, il ché può essere garantito unicamente dalle persone di riferimento, non dagli insegnanti. Se queste persone falliscono, la situazione si fa difficile. Gli adulti devono pertanto rendersi conto della loro responsabilità e fungere da modello alternativo per i bambini, in modo da permettere loro di elaborare e categorizzare le immagini viste. La relatrice Coquoz sottolinea in questo contesto l’importanza del sostegno ai genitori, che inizia già all’età della scuola dell’infanzia. Gli incontri dei «caffè per i genitori» offrono ai genitori uno spazio in cui discutere delle proprie esperienze e ricevere risposte alle proprie domande.

Un’assistente sociale scolastica presente nel pubblico afferma di aver sempre fatto ottime esperienze parlando di amore, innamoramento e amicizia e usando libri adatti all’infanzia. Coquoz è d’accordo con quest’analisi. L’educazione sessuale promuove lo sviluppo di determinate competenze e aiuta a imboccare la strada giusta. L’associazione ARTANES tratta anche il tema della fisicità e della sensualità nelle scuole, mostrando video su come baciare, accarezzare e abbracciare bene una persona. L’associazione ha inoltre pubblicato del materiale pedagogico per il lavoro con i giovani e i gruppi di pari e propugna l’educazione sessuale quale compito trasversale a partire dalla prima infanzia.

 

Relatore e presentazione da scaricare:

Prof. (US) dott. Jakob Pastötter, presidente della Deutsche Gesellschaft für Sozialwissenschaftliche Sexualforschung (francese)​​​​​​​

 

 

I partecipanti alla tavola rotonda:

  • Pasquale Coquoz, presidente dell'associazione romanda e ticinese degli educatori e formatori in salute sessuale e riproduttiva ARTANES
  • Prof. (US) dott. Jakob Pastötter, presidente della Deutsche Gesellschaft für Sozialwissenschaftliche Sexualforschung

 

Moderazione:

Myriam Caranzano-Maître, direttrice dell’ASPI (Fondazione della Svizzera italiana per l’Aiuto, il Sostegno e la Protezione dell’infanzia) / membro del Consiglio di amministrazione di ISPCAN (International Society for the Prevention of Child Abuse and Neglect)

Il laboratorio 8 si è occupato dei modi per sensibilizzare più efficacemente i genitori, e in particolare le persone socialmente sfavorite e con un basso livello d’istruzione, mostrando con l’ausilio di vari esempi le potenzialità della collaborazione a livello locale.

 

Nel suo intervento introduttivo (abstract in francese, PDF) Maya Mulle, direttrice di Formazione dei genitori CH e responsabile del Servizio partecipazione dei genitori (Fachstelle Elternmitwirkung), ha presentato cinque esempi di buone pratiche relative alla collaborazione a livello locale nell’educazione ai media promosse in Germania. La Fondazione digitale Chancen ha valutato queste iniziative e ne ha ricavato delle raccomandazioni per un lavoro proficuo con i genitori (in francese). La relatrice ha dunque illustrato queste raccomandazioni, soffermandosi sulle strategie per sensibilizzare i gruppi di genitori e familiarizzarli con i media digitali, per esempio: coinvolgere nella formazione persone di fiducia dei genitori e avvalersi di loro come moltiplicatori, introdurre il tema nel modo più semplice possibile e stimolare i giovani a elaborare propri contenuti mediali, cercando sempre di puntare sull’aspetto ludico. I fattori cruciali per una collaborazione di successo in quest’ambito sono stati riassunti schematicamente su una lavagna (in tedesco).

 

Prendendo ad esempio il Comune di Egg (PDF, in francese), Joachim Zahn, responsabile di progetto dell’associazione zischtig.ch, ha illustrato come funziona la collaborazione tra docenti, assistenti sociali scolastici, responsabili delle attività giovanili, polizia dei minori e zischtig.ch. Tutti gli attori contribuiscono, in maniera coordinata, allo sviluppo delle competenze mediali. Zahn ha poi mostrato come promuovere, condurre e praticare il dialogo tra genitori e figli sui media digitali nell’ambito di un laboratorio intergenerazionale (PDF, in francese). Un altro strumento ideato da zischtig.ch è la serata informativa concepita in maniera interattiva al fine di attirare un maggior numero di genitori (PDF, in francese): gli adulti presenti decidono sul momento i contenuti dell’incontro mediante il loro smartphone. Zahn sottolinea la necessità di affrontare nuovi temi e di convincere realmente i genitori dei benefici di queste manifestazioni informative.

Eva Piscitelli ha presentato la strategia del Cantone di Neuchâtel, che assume un carattere esemplare poiché frutto di una collaborazione interdipartimentale. Essa prevede varie attività parallele, tra cui sequenze didattiche, serate informative per genitori e documentazioni scritte, che perseguono i seguenti obiettivi: informare, stimolare la riflessione e ampliare le competenze dei padri e delle madri affinché possano seguire attivamente i propri figli nella fruizione di Internet (PDF, in francese). Mediante un questionario scritto, i genitori hanno la possibilità di esprimere valutazioni e suggerimenti in merito agli incontri informativi, di cui si terrà debitamente conto per il futuro.

Yvonne Ledergerber, rappresentante del pluripremiato programma di prevenzione e promozione della salute «Femmes-Tische», ha invece presentato il set per la moderazione sull’educazione ai media, che offre materiali metodico-didattici per uno scambio guidato tra madri con un passato migratorio. Il progetto riesce a coinvolgere questo gruppo target grazie al contesto informale a bassa soglia e alla moderazione da parte di madri provenienti dal medesimo contesto culturale (PDF, in francese).

Brigitte Waldis-Kottmann della scuola di Hochdorf ha mostrato un esempio pratico di combinazione riuscita (PDF, in francese) tra serate per i genitori (con interpreti e in tedesco) e laboratori pratici. Diversi sono i meriti di questo ciclo di incontri: aver favorito i contatti tra gli attori locali, un approccio intergenerazionale attento agli aspetti pratici e la trasmissione di contenuti per stimolare l’educazione ai media tra le mura domestiche.

Dal dibattito, moderato da Inés Mateos (esperta in materia di educazione e diversità), sono emersi due aspetti cruciali per un coinvolgimento proficuo dei genitori:

  1. Varietà dell’offerta, relazioni personali, collaborazione attiva dei genitori e condizioni quadro attrattive: La comunicazione avviene preferibilmente nella lingua madre dei genitori, che apprezzano il fatto di poter approfondire informazioni scritte mediante brevi contributi di specialisti e lavorando attivamente con i loro dispositivi personali. Le forme della divulgazione e l’articolazione delle manifestazioni informative devono tenere conto delle esigenze e delle risorse dei genitori. Assumono un’importanza fondamentale anche condizioni quadro attrattive (costi contenuti, svolgimento degli eventi nelle vicinanze, ecc.). Nel caso di adulti difficilmente raggiungibili, persone di loro fiducia possono agire da moltiplicatori.
  2. Cooperazione: La cooperazione tra partner con competenze diverse consente di arricchire il ventaglio di proposte e facilitare il lavoro con i genitori. I presupposti necessari sono una strategia di collaborazione, il tempo necessario per concertarsi e la disponibilità di personale qualificato. La tabella 1 nel foglio informativo di Formazione dei genitori (in francese) CH sul coinvolgimento efficace dei genitori elenca una serie di possibili partner.

 

Relatrice:

Maya Mulle, direttrice di Formazione dei genitori CH

 

Partecipanti al dibattito:

  • Brigitte Waldis-Kottmann, Akzent Prävention und Suchttherapie Lucerna, scuola di Hochdorf
  • Yvonne Ledergerber, Femmes-Tische Unterland zurighese
  • Eva Piscitelli, Ufficio dell’informatica scolastica e dell’organizzazione (OISO), Cantone di Neuchâtel
  • Joachim Zahn, responsabile di progetto dell’associazione zischtig.ch

 

Moderazione: Inés Mateos, esperta in materia di educazione e diversità / moderatrice

Maya Mulle, direttrice Formazione dei genitori CH (in tedesco)

Nell’ambito di questo laboratorio sono stati presentati i risultati della valutazione di sette progetti modello che applicano il metodo dell’educazione tra pari, cioè l’apprendimento da coetanei. Questa valutazione, finanziata e coadiuvata dal programma Giovani e media, mostra se e come l’educazione tra pari può essere utilizzata per promuovere le competenze mediali dei giovani. Il Prof. Dr. Olivier Steiner, docente presso la Scuola superiore di lavoro sociale della FHNW e responsabile della valutazione, ha illustrato le fasi del progetto, i risultati e i cinque principali indicatori di qualità dell’educazione tra pari che possono essere desunti dai risultati (abstract, PDF in francese). Ulteriori informazioni sono disponibili nella rubrica Educazione tra pari.

 

Ivan Reinhard della Fondazione aebi-hus ha presentato il progetto di educazione tra pari del Gruppo di esperti Formazione Dipendenze (GFD) / Fondazione aebi-hus (scheda informativa «Bitte schalten Sie Ihr Handy ein», in italiano), in cui degli adolescenti si interrogano sul loro rapporto con i media digitali portando in scena una pièce teatrale. Romina Miani del programma InTeam ha riferito del progetto «Peer-Media-Educator – Medienkompetenz@Jugendliche», nel quale giovani disoccupati vengono formati per diventare dei cosiddetti «Peer Tutor» (scheda informativa «Medienkompetenz@Jugendliche», in italiano). Leonardo Da Vinci della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI) ha mostrato come alla Scuola arti e mestieri di Trevano alcuni giovani si prestano volontariamente per essere formati come «Peer Junior» o «Peer Senior» e promuovere in seguito le competenze mediali tra i propri coetanei (scheda informativa Modellprojekt SUPSI, in italiano). Il progetto «Virtual Stories», sostenuto dalla Fondazione RADIX, dall’Alta scuola pedagogica di Svitto e dalla Fondazione idée:sport (scheda informativa Virtual Stories, in italiano), punta sui video, uno strumento di comunicazione popolare e facilmente accessibile. Sulla piattaforma feel-ok.ch, i diversi casi esemplari possono essere commentati da altri giovani. Il progetto modello del Comune di Renens consiste in trasmissioni radiofoniche in Internet prodotte da e per i giovani (scheda informativa Web radio par les jeunes, in italiano): sostenuti da professionisti del settore, i giovani si scambiano consigli sui nuovi media. Le reazioni dei loro coetanei e degli ascoltatori sono raccolte in un blog.

 

Relatore:

Prof. dott. Olivier Steiner, Scuola superiore di lavoro sociale, Institut Kinder- und Jugendhilfe, Fachhochschule Nordwestschweiz (d)

 

 

 

Partecipanti alla tavola rotonda:

  • Ivan Reinhard, delegato del Consiglio di fondazione dell’aebi-hus
    Romina Miani, responsabile InTeam / responsabile del settore pianificazione della carriera, coaching, competenze mediali
  • Nicolas Perelyguine, responsabile del settore giovani del Dicastero Cultura–Gioventù–Sport della città di Renens / Dea Bllaca e Marilyn Themo, giovani partecipanti al progetto
  • Leonardo Da Vinci, Area lavoro sociale, Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI)
  • Prof. Dr. Dominik Petko, prorettore ricerca e sviluppo e responsabile dell’Istituto per i media e la scuola dell’Alta scuola pedagogica di Svitto Schwyz
  • Yves Weber, responsabile di progetto Fondazione idée:sport
  • Interpretazione dei risultati e discussione sul potenziale del metodo: Muriel Langenberger, Head of Intervention Europe, Jacobs Foundation

 

Moderazione:

Maria Ritter, settore Ricerca e valutazione, Ufficio federale delle assicurazioni sociali

Come viene affrontato il tema dell’utilizzo dei media digitali dalla pedagogia sociale e speciale? Questa domanda è stata al centro della relazione tenuta da Monika Luginbühl della Scuola professionale, specializzata e per la formazione continua di Berna (BFF Bern) (abstract, PDF in francese), e del successivo dibattito, sostenuto con l’ampio ricorso a esempi pratici. Nel suo intervento la relatrice ha presentato la guida da lei redatta, Promozione delle competenze mediali nelle istituzioni per bambini e giovani con esigenze particolari – Guida per un bilancio della situazione, nata in collaborazione con CURAVIVA Svizzera, la BFF Bern e il programma nazionale Giovani e media.

 

Successivamente, Patrice Schnidrig ha illustrato come il tema dei media digitali viene trattato nel villaggio dei bambini Kinderdorf St. Antonius di Leuk (scheda informativa, PDF in francese). Un altro esempio è stato quello della Fondation Officielle de la Jeunesse (FOJ), che informa i propri collaboratori sui rischi insiti nell’utilizzo di Internet tramite Intranet e una piattaforma informatica e svolge un programma formativo interno destinato a bambini e giovani (scheda informativa, PDF in francese). La direttrice del centro di competenze per giovani e famiglie Schlossmatt, Martina Suter, ha presentato l’attuazione della guida sui nuovi media nella sua istituzione per i bambini e gli adolescenti e le giovani madri (scheda informativa, PDF in francese).

 

Nel corso del dibattito i partecipanti hanno espresso l’auspicio che venga creata una piattaforma informativa sugli aspetti giuridici della protezione dei giovani dai rischi dei media e fornito uno strumento di orientamento sull’età in cui è opportuno iniziare con l’educazione ai media. Fra i presupposti indispensabili per la riuscita della pedagogia mediale si annoverano la formazione continua dei collaboratori nelle istituzioni e un atteggiamento di fondo chiaro, che richiede tra l’altro anche la definizione di regole e il coraggio di applicarle. La pedagogia speciale sembra presentare troppe sfaccettature perché un solo e unico piano per l’educazione ai media possa valere per tutte; l’offerta della pedagogia mediale deve pertanto essere differenziata e andare incontro alle esigenze specifiche della pedagogia curativa, speciale e sociale. L’obiettivo comune a tutte le misure è chiaro: permettere ai bambini e ai giovani l’accesso ai media digitali, proteggendo la loro sfera privata e insegnando loro come proteggersi dai pericoli.

 

Relatrice e presentazione da scaricare:

Monika Luginbühl, assistente sociale SUP, formatrice per adulti SSS, docente, formazione di base pedagogia sociale ed educazione BFF Berna (in tedesco)

 

Partecipanti alla tavola rotonda:

  • Martina Suter, direttrice del centro di competenze per giovani e famiglie Schlossmatt
  • Patrice Schnidrig, caposettore del villaggio dei bambini Kinderdorf di Leuk
  • Claudia Grob, Fondation Officielle de la Jeunesse

Moderazione: David Oberholzer, responsabile del settore specializzato Bambini & giovani con esigenze particolari, CURAVIVA

Nella sua relazione (abstract, PDF in francese) il dott. Philippe Stephan, pedopsichiatra e Direttore del Centro psicoterapeutico dell’ospedale pediatrico presso il CHUV di Losanna, si è occupato della cosiddetta «cyberaddiction», ovvero della dipendenza da Internet. È legittimo usare quest’espressione? Quali fattori favoriscono una dipendenza? All’inizio dell’adolescenza il cervello compie importanti tappe di sviluppo biologico e anche il corpo cambia fisionomia. In questo periodo gli adolescenti sono particolarmente suscettibili nei confronti delle possibilità offerte dai media digitali e dei loro stimoli visivi e auditivi. È pertanto di fondamentale importanza soprattutto per i giovani che i genitori non condannino l’influenza esercitata dai media sui propri figli, stando loro vicini e seguendo con attenzione l’utilizzo che ne fanno. Nel suo intervento (abstract, PDF in francese) lo psicologo Renanto Poespodihardjo, direttore dell’Ambulatorio di psicologia per le dipendenze dell’Università di Basilea, ha esposto i fattori che fanno sì che un passatempo si trasformi in una dipendenza. Secondo uno studio del 2012, il 4,4 per cento della popolazione europea è dipendente da Internet. Le dipendenze nascono per effetto di strategie mirate di premiazione e hanno perlopiù conseguenze drastiche per la vita sociale, professionale e scolastica degli interessati. I sintomi di una possibile dipendenza sono il consumo eccessivo, la conseguente perdita del controllo della situazione e visibili effetti negativi sulla sfera personale, scolastica o professionale.

 

Dalla discussione è emerso chiaramente che non è possibile definire l’entità del consumo «normale», perché esso dipende da numerosi fattori. Non appena i genitori avvertono segni di sofferenza o l’influsso negativo di un consumo eccessivo sulla vita sociale o scolastica dei propri figli, dovrebbero cercare di parlarne con loro. Oltre a essere sostenuti e ascoltati, i giovani hanno bisogno di regole e limiti. Se rimane la sensazione che qualcosa non quadri, può essere utile consultare un servizio specializzato. Non ci sono giochi ritenuti particolarmente atti a creare dipendenza. Giocando con i propri figli e occupandosi attivamente del loro videogioco preferito del momento, i genitori aiutano a migliorare la comprensione reciproca. Spesso l’attrattiva di un gioco si rivela solo nel corso di una discussione. In ambito scolastico è importante distinguere tra prevenzione e intervento. In caso di crisi è necessario coinvolgere i servizi competenti, in singoli casi può essere utile proporre la frequentazione di corsi specifici per giovani con comportamenti di gioco eccessivi. La prevenzione pone in primo piano l’utilizzo dei media digitali avviando progetti innovativi e introducendo regole chiare. I servizi specializzati nel campo della prevenzione possono fornire sostegno per l’elaborazione di piani concettuali.

 

 

Pubblicazione

Dott. Philippe Stephan, pedopsichiatra e Direttore del Centro psicoterapeutico dell’ospedale pediatrico presso il CHUV di Losanna – «La cyberaddiction chez les adolescents en question» (in francese), pubblicato sulla rivista «Prismes» n. 20 del dicembre 2014.

 

Partecipanti al dibattito:

  • Renanto Poespodihardjo, direttore medico di psicologia ambulatoriale per le dipendenze, Università di Basilea
  • Dott. Philippe Stephan, pedopsichiatra, Direttore del Centro psicoterapeutico dell’ospedale pediatrico presso il CHUV di Losanna

Moderazione: Nathalie Arbellay dell’assocazione «Groupement romand d’Etudes des Addictions GREA» e Amanda Kiefer dell’associazione di categoria «Fachverband Sucht»

Come si può garantire una protezione efficiente della gioventù dai rischi dei media, data la grande varietà dell'offerta al giorno d’oggi e la disponibilità permanente (e mobile) di giochi e film? Per questo sono necessari, oltre all’intervento dello Stato e al controllo da parte dei genitori, iniziative di autoregolamentazione del settore, quali l’indicazione dei limiti di età per i videogiochi e il controllo delle vendite nel commercio al dettaglio introdotti dall’associazione del settore Swiss Interactive Entertainment Association (SIEA). Da una valutazione di queste misure di autoregolamentazione (in tedesco) è emerso che nel 50 per cento dei casi è stato possibile acquistare nel commercio al dettaglio prodotti inadatti all’età e pericolosi per i giovani, in un terzo dei casi ciò è stato possibile anche on-line. Nella sua presentazione (abstract, PDF in francese) Julian Wallace, assistente presso la divisione evoluzione dei media e innovazione dell’Istituto di scienze pubblicistiche e ricerca sui media (IPMZ) dell’Università di Zurigo, raccomanda pertanto alle associazioni di eseguire più frequentemente e a cadenze regolari acquisti di prova di videogiochi e film e diffondere i risultati. Detti acquisti di prova potrebbero essere sostenuti finanziariamente da parte di enti statali. Nel caso degli acquisti on-line con limite di età di 18 anni, la funzione di controllo della legittimazione è svolta dalla carta di credito. Dirk Bosmans, rappresentante del Pan European Game Information System (PEGI), ha informato in merito agli ultimi sviluppi nell'ambito della classificazione per età dei videogiochi (abstract, PDF in francese). Il sistema PEGI è applicato in tutta Europa, tranne che in Germania dove predomina la classificazione USK. Considerata l'enorme quantità di app e giochi disponibili online è stata fondata la International Age Rating Coalition (IARC) che permette a Europa, Brasile, USA e Canada di condividere un unico sistema di classificazione, già applicato per esempio da Google Play Store. A partire dal 2016 anche YouTube usa per i suoi contenuti una classificazione per età in funzione del Paese.

 

Nel corso del dibattito Peter Züger, rappresentante della SIEA, ha segnalato l’esistenza, dal 2006, di un Codice di condotta (Code of Conduct CoC) che da poco trova applicazione in un programma di e-learning utilizzato per la formazione del personale di vendita. Il CoC obbliga il commercio al dettaglio a vendere esclusivamente prodotti con classificazione PEGI, il che è però problematico perché molti esercizi importano direttamente dalla Germania merci che ne sono sprovviste. I partecipanti al dibattito si sono pertanto detti favorevoli alla creazione di una base giuridica per l’applicazione del CoC su scala nazionale. Nel contempo sottolineano l'importanza dell’educazione all’utilizzo dei media. L’associazione GameRights, per esempio, impiega cosiddetti «game agents»,, che svolgono corsi di formazione in occasione delle serate per i genitori, una misura che si è rivelata molto utile. Un grande problema è costituito dal fatto che i giovani si possono procurare anche giochi non adatti alla loro età scaricandoli da piattaforme illegali. In questi casi, e in generale, è importante il ruolo dei genitori. Tuttavia, molti di loro non conoscono il sistema PEGI o ne sottostimano la rilevanza. Qui può subentrare la scuola, fornendo un importante contributo all’informazione al riguardo.

 

Relatori e presentazioni da scaricare:

 

 

Partecipanti alla tavola rotonda:

  • Peter Züger, presidente della SIAE
    Thomas Riediker, presidente dell’associazione GameRights

Moderazione: Thomas Vollmer, Ufficio federale delle assicurazioni sociali

Partecipazione dei giovani al Forum nazionale